Ordinanza del 16/03/2018 n. 6616/6 - Corte di cassazione

Validità in sede processuale delle dichiarazioni di terzi rese in sede di accertamento

Il divieto di prova testimoniale sancito dall’art. 7 del D.Lgs. n° 546/1992 non comporta l’impossibilità di utilizzare nel processo tributario le dichiarazioni rese dai privati su richiesta dell’amministrazione finanziaria. Tali dichiarazioni, spiega la Suprema Corte, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare il convincimento del giudice tributario (Cass. sentt. nn° 9080 del 7 aprile 2017 e 8639 del 5 aprile 2013). Stesso ragionamento è analogamente valido anche in relazione alle dichiarazioni di terzi in favore del contribuente le quali, secondo i giudici di Cassazione, sono, funzionali al dispiegarsi del giusto processo ex art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Nel caso di specie, infatti, il contribuente aveva prodotto, in sede di accertamento con adesione, numerose dichiarazioni di terzi che contrastavano con le contestazioni dell’amministrazione finanziaria.

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