Ordinanza del 11/02/2021 n. 3466/5 - Corte di cassazione

Impugnabilità degli atti non previsti dall’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992

Il contribuente ha la facoltà, non l'obbligo, di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portano comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa abbia la forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992. È quanto ribadito con ordinanza dai giudici della Suprema Corte di Cassazione, che hanno accolto le istanze del contribuente e cassato con rinvio la sentenza del giudice di appello. Nel caso di specie, il contribuente ricorreva contro la decisione dei giudici di appello, che avevano ritenuto l'impugnazione della comunicazione prevista dall'art. 36 bis, comma 3, del D.p.r. n. 600 del 1973 non annoverata tra gli atti impugnabili ai sensi dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992. Gli stessi giudici infatti, evidenziavano che la comunicazione suddetta era da considerarsi un mero invito trasmesso al contribuente per chiarire la sua posizione fiscale e non già una pretesa certa e definitiva. La Suprema Corte, invece, ha ribadito il suo insegnamento, secondo il quale l'elencazione degli "atti impugnabili", contenuta nell'art. 19 D.Lgs. n. 546 del 1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.) che a quelle di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.).

Testo integrale dell'ordinanza